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Anna Serrao: “Noi giovani ci siamo, ma vogliamo futuro, non promesse”

Anna Serrao: “Noi giovani ci siamo, ma vogliamo futuro, non promesse”

27 maggio 2025

Durante l’evento napoletano di Primavera, una voce fresca ma potente ha riecheggiato tra le mura del teatro Sannazaro. È quella di Anna, giovane militante di “Primavera” che ha scelto di non voltarsi dall’altra parte, ma di restare, credere, partecipare. La sua testimonianza ci ricorda che la politica può ancora essere un luogo di sogni, se si torna a farla con le persone e per le persone.

“La mia generazione si sente potente, ma anche impotente. Siamo connessi con il mondo, ma isolati dal futuro.”

Con queste parole, Anna ha aperto il suo intervento con la lucidità e l’autenticità che solo chi vive certe contraddizioni sulla propria pelle può esprimere. Da un lato, le tecnologie e i social media che permettono connessioni globali, dall’altro una realtà segnata da guerre improvvise, emergenze climatiche e una precarietà esistenziale che sembra ormai strutturale.

Una generazione tra due mondi

“Siamo nati con valori forti, ma oggi li vediamo vacillare.”

Anna ha descritto un sentimento condiviso da tanti giovani: la dissonanza tra ciò che hanno imparato a scuola – diritti, democrazia, libertà – e ciò che vedono accadere nel mondo. Le scelte politiche internazionali, come il ritorno ai dazi o i conflitti armati, ma anche la distanza crescente tra le istituzioni e i cittadini, generano confusione. E dove c’è confusione, spesso nasce la sfiducia.

Ma la sua generazione non è assente. Al contrario, è lì dove accadono le cose concrete: nelle manifestazioni per il clima, nei presidi per il diritto allo studio, nei cortei per la pace.

Non ci manca la voglia, ci manca la fiducia

“La politica senza entusiasmo è vuota. I giovani hanno bisogno di credere in qualcosa.”

Non è il disinteresse il problema. È la delusione. Anna lo dice con chiarezza: se i giovani non si avvicinano alla politica, è perché la politica ha smesso di parlare la loro lingua, di affrontare i problemi veri, di garantire spazi dove crescere per merito, non per conoscenze.

E qui arriva il passaggio forse più forte del suo intervento: la denuncia delle “cordate”, dei “carrozzoni”, di una politica che, troppo spesso, ha tradito la promessa della meritocrazia. Una politica che ha lasciato i più capaci soli davanti a una scelta crudele: restare in Italia a lottare contro un sistema chiuso o andarsene all’estero a costruirsi un futuro dignitoso.

Le scuole devono insegnare a essere cittadini

Tra le proposte concrete, Anna pone l’accento su un punto cruciale: l’educazione.

“Nelle scuole non basta finire il programma. Serve educazione civica, serve informazione.”

La formazione non può essere solo nozionismo. Serve educare alla partecipazione, alla consapevolezza storica e sociale. Non è accettabile, dice, che tanti ragazzi non sappiano cosa sia il fascismo, che non riescano a leggere criticamente la realtà intorno a loro. La scuola deve tornare ad essere un luogo dove si diventa cittadini, non solo studenti.

Il lavoro e la cultura del lavoro

“Non è solo questione di trovare lavoro, è questione di avere una cultura del lavoro.”

Anna sottolinea il bisogno di un cambio culturale. Per evitare che i giovani fuggano, bisogna offrire loro non solo occupazione, ma dignità, riconoscimento, futuro. Nelle periferie del Sud – da cui lei stessa proviene – la distanza da questi orizzonti si sente ancora di più.

Ma, avverte, il problema non è l’assenza di talento. È l’assenza di occasioni.

Paura e speranza: la sfida di una generazione

“Il futuro per noi è unemozione doppia: sognare, ma anche temere.”

Anna ha raccontato un’immagine che molti di noi ricordano bene: il giorno in cui accendendo la TV si è scoppiata una guerra. Era appena finita la pandemia. Un altro colpo. Un’altra incertezza. Eppure, dice, proprio da lì nasce la sua speranza: “Sperare nella pace sembra assurdo, ma è il mio desiderio più forte.”

Conclusione: la politica deve tornare ad ascoltare

Il suo intervento non è stato solo una testimonianza. È stato un appello. Un invito a non rassegnarsi, a non lasciarsi rubare le parole come “futuro”, “merito”, “pace”.

Anna non ha chiesto favoritismi. Ha chiesto giustizia, trasparenza, concretezza. Ha chiesto che la politica torni a essere quella cosa che accende l’entusiasmo, che fa alzare le mani e dire: “Ci sono anche io, voglio farne parte”.